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Sintesi finale

Nel corso di questo blog, parte di una serie di indagini sulla “cosa artificiale”, ci si è soffermati su che cos’è l’impollinazione artificiale.
Partendo dalla “cosa” naturale, si è poi passati a definire quali sono i suoi elementi artificiali, cioè realizzati dall’uomo in sostituzione ai materiali, alle funzioni e alle forme della natura; e si è iniziato a ragionare sui termini in più lingue, tutti più o meno simili. Dal ragionamento sulle parole, sono stati anche definiti una mappa concettuale e un insieme di parole e concetti legati all’impollinazione artificiale. Questo è un argomento che viene tenuto in gran contro dalla comunità scientifica e raccontato dalla stampa; anche la fiction ruota, nei modi più vari e inaspettati, attorno al tema, che viene visto spesso in chiave fantascientifica in libri, film, e fumetti, mentre è preso più metaforicamente nella musica.
Sotto un punto di vista più scientifico e quantitativo, è stato essenziale definire innanzitutto quali fossero le dimensioni e le specifiche dell’impollinazione artificiale. Dato questo quadro, sono stati analizzati vari studi scientifici per poter delineare il quadro quantitativo di alcuni aspetti dell’oggetto di studio, dai quali sono anche emersi quali possono essere i rischi dell’impollinazione artificiale e le industrie legate ad essa (dal momento che molti produttori di macchinari sono in prima linea nella ricerca stessa), industrie che producono modelli e macchinari atti all’impollinazione depositandone i brevetti, per i quali vengono utilizzate tecnologie specifiche di alcuni campi scientifici come la botanica. È proprio la botanica, i cui pionieri hanno iniziato a studiare l’impollinazione naturale, a essere al centro di questa tecnica.
Attualmente, i maggiori utilizzatori dell’impollinazione artificiale sono utilizzati delle industrie agricole e vivaistiche, nelle più varie parti del mondo.

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I brevetti dell’impollinazione artificiale

Il brevetto legato all’impollinazione artificiale più datato che è stato possibile reperire nell’ambito di questa ricerca riporta il codice  US2324801A : Datato 6 luglio 1942, descrive un sistema di distribuzione del polline fra più piante o alberi, specialmente nella distribuzione degli alberi di nocciole. Il brevetto successivo, del 5 marzo 1964, riporta un sistema di distribuzione per filari, pensato per i pomodori coltivati in serra ( US3286403A ): Il più recente è invece stato presentato il 21 gennaio 2017 (poco più di un anno fa) in Cina, presentando un apparato per l’impollinazione delle Peonie (uso cosmetico) con il codice  CN206586117U

I modelli dell’impollinazione artificiale

Poiché non sarebbe corretto parlare di “modelli di impollinazione artificiale”, in quanto questa rappresenta al più una tecnica o una tecnologia, si citeranno alcuni modelli di macchinari che vengono impiegati nella sua esecuzione.  L’impollinazione artificiale è spesso costituita da due fasi distinte: la raccolta  del polline e la distribuzione  dello stesso, fecondando di fatto il fiore. Nella prima fase, è possibile utilizzare un macchinario come AspiraPollineMini2  predisposta per la raccolta del polline a 2 operatori. Indicata per chi vuol raccogliere il proprio polline nella proporia azienda (fino a 130 g/ora), è caratterizzata da grande maneggevolezza (solo 9 kg), ed è facile da trasportare grazie alle 2 ruote ed ai piedi telescopici richiudibili. ll polline raccolto si può conservare a 4°C per 4–5 giorni per effettuare l’impollinazione nei giorni immediatamente successivi alla raccolta, mentre per periodi più lunghi può essere conservato a -18°C p...

I materiali, le forme e le funzioni sostitutive nell’impollinazione artificiale

Come si è visto , l’elemento artificiale nell’impollinazione è quello che ha a che vedere con il vettore, e non con l’oggetto; in natura, questi sono diversi a seconda delle specie. L’ impollinazione anemogama  affida al caso l’arrivo del polline, in quanto utilizza come mezzo di dispersione il vento. La pianta produce un’enorme quantità di polline e ciò avviene con una grande perdita di cellule; si affidano a questo metodo sia piante erbacee (graminacee e urticacee) sia piante arboree (pioppi, querce, faggi). Data la natura altamente casuale e imprevedibile che sfrutta questo vettore, le piante si sono evolute in modo tale da aumentare al massimo le probabilità di impollinazione, ad esempio con geometrie particolari che permettono allo stigma di catturare più polline possibile o fornendo quest’ultimo di appendici tali da poter sfruttare al meglio il trasporto aereo. [1] L’ impollinazione idrogama  interessa esclusivamente (ma non integralmente) le piante acquatiche. Qui ...